Manca meno di una settimana all'annuale "Connect" dedicato al mondo della realtà aumentata e realtà virtuale in cui si vocifera verrà annunciato il nuovo nome della società, oggi nota come Facebook, che ha sotto di sè l'intero universo creato da Mark Zuckerberg.
Se pochi anni fa si era scelto di distinguere azienda e social network con un più blando cambio di font e colori, oggi si ipotizza che la scelta potrà essere più radicale, per ottenere contestualmente due obiettivi:
smarcare l'azienda dal social network e, quindi, permetterle una più libera crescita verso l'obiettivo dichiarato di espandersi nella direzione della creazione del metaverso , ovvero la piattaforma informatica del futuro caratterizzata da esperienze virtuali basate appunto su AR/VR. Il primo obiettivo, quindi, permetterebbe all'azienda di allontanare la sfiducia legata ad esempio a furto di dati o capacità di influenza politica che aleggia oggi sul celebre social network, e diviene essenziale per perseguire il secondo obiettivo.
Tra pochi giorni sarà possibile vedere quindi la reale scelta del geniale e controverso ragazzo di Harvard, ma certamente la volontà di cambiare brand per smarcarsi da eredità negative non è nuova al mondo del business.
La stessa cosa, solo per citare un esempio, accadde 20 anni fa quando il mondo della consulenza fu investita dallo scandalo Enron del 2001, e dalla accusa di ostruzionismo alla giustizia rivolta all'allora Arthur Andersen, la più grande società di revisione al mondo (oggi Accenture) per aver distrutto i documenti del proprio cliente e perdendo, di fatto, la licenza ad operare nel mondo della revisione.
Il binomio consulenza (il supporto al proprio cliente) e revisione (l'obiettività verso il proprio cliente) divenne una eredità pesante tra le grandi società di revisione che, in alcuni casi, optarono per una attività di rebranding, finalizzata a separare nettamente di fronte al mercato le due attività, evitando quindi commistioni che avrebbero compromesso la credibilità di entrambe.
Tra questi, Pricewaterhouse decise, nella primavera del 2002 di procedere ad un rebranding della propria attività di consulenza optando per il (prevedibilmente) controverso brand Monday.
fonte: WSJ - giugno 2002.Nella ricerca di una nuova identità, nelle intenzioni del management, Monday era "a fresh start, a positive attitude part of eveyone's life". ... ma, onestamente, alzi la mano chi ama il lunedi.
Il rebranding si stima sia costato all'azienda 110milioni di sterline e fu, si può immaginare, una scelta molto commentata nei mesi estivi del 2002.
Una controversia rapidamente risolta da IBM che avanzò, nella stessa estate l'offerta di 3.5b di dollari per acquistare il mondo di expertise di consulenza di Pricewaterhousecooper e integrarlo nelle proprie risorse per alimentare la crescita della consulenza legata all'integrazione tra business e tecnologia, decretando la fine del brand acquisito.
Solo pochi giorni, quindi, per vedere la scelta di Mark Zuckerberg sull'eventuale nuovo nome dell'azienda che vuole continuare a rivoluzionare il mondo del web.
Cosa ricordare: un brand non è solo un nome ma un asset fondamentale nello sviluppo della strategia.
fonte:
https://www.ilsole24ore.com/art/facebook-pronta-cambiare-nome-cosi-zuckerberg-provera-smarcarsi-social-AE49PEr
https://money.cnn.com/2002/01/11/companies/auditors/index.htm
Commenti